Scheda n. 21 |
|
Comune: Lodè |
Località: Thilameddu |
Foglio IGM: 482, I |
Foglio CTR: 482030 |
Catasto: Foglio 46, Mappali 54, 65 |
Coordinate
Gauss-Boaga: Lat. 4489601,04; Long. 1544582,32 |
Quota: mt. 290 |
Unità Cartografica Geologica (Carmignani et al.
1997): 42 |
Unità Cartografica Pedologica (Aru et al. 1992): 4 |
Uso dei suoli, codice Corine (terzo livello): 243 |
Monumento: Insediamento preistorico e medievale |
Cronologia: dalla Preistoria all'alto Medioevo |
Data della ricognizione: Settembre 2005. |
Compilatore: Paolo
Melis |
Visualizza posizione sull'ortofoto |
L’insediamento di Thilameddu (o Filameddu) sorge in una
stretta valle circondata da alti rilievi, ricca di acque e di sorgenti:
l'abitato si sviluppava presso una di queste - la fonte di Filameddu - mentre un
chilometro più a valle, sempre lungo il corso dello stesso torrente (il Riu sas
Scalas), troviamo la fonte di Banzos.
L'insediamento,
nonostante la ricchezza dei terreni, è stato abbandonato da tempo immemorabile,
e la sua misteriosa scomparsa è da sempre è al centro di racconti e leggende,
al pari di quello di Sos Lottos. Vittorio Angius, nel "Dizionario" del
Casalis (1841) riferiva che, già ai suoi tempi, di Thilameddu (o "Ptilameddu")
restavano soltanto "alcune fondamenta e qualche tratto di muro nelle
parti prossime alle medesime". Nella sua testimonianza raccolta da
Piras e Zirottu, Antonina Serra di Lodè (1916-2003), riportando notizie
tramandate dagli anziani, parlava di un villaggio di 10-12 case, con una chiesa
ed un camposanto fatto con "muri a secco", ed inoltre del rinvenimento
di alcuni teschi in cavità prossime al villaggio.
Non
sappiamo se Thilameddu ebbe effettivamente una chiesa ed un camposanto, anche se
è abbastanza improbabile; il fatto che non figuri nei documenti medievali -
come già notava acutamente Vittorio Angius - lascia intendere che il suo
abbandono sia da porre in un epoca piuttosto remota, o che comunque, dopo la sua
decadenza, possa essersi ridotto ad una semplice fattoria isolata.
La
ricognizione non ha portato all’individuazione di alcuna sicura traccia di
edifici, ad eccezione della fonte realizzata a filari di pietre, e recentemente
restaurata; sono stati invece rinvenuti numerosi materiali ceramici, sia
figulini che di impasto preistorico, purtroppo atipici, a testimonianza di un
insediamento che sicuramente dovette conoscere una frequentazione prolungata
dalla preistoria sino almeno all’alto medioevo, ma probabilmente anche oltre.
A Thilameddu quasi sicuramente doveva sorgere l'insediamento Neolitico al quale
faceva riferimento la domus de janas di Orrilì, distante 600 metri in linea
d'aria.
Degni
di nota, alcuni frammenti di macine in basalto, fra cui una porzione di palmento
superiore con tracce di una singolare "maniglia" scolpita nella
pietra: un manufatto da attribuire sicuramente ad epoca storica. Il modello è
abbastanza inconsueto e non trova precisi riscontri nell'Isola o altrove, dove
sono diffusi i classici tipi della mola asinaria e della macina "del
legionario": la prima composta da meta e catillus,
quest'ultimo con i fori per inserire le stanghe legate all'animale; la seconda,
manuale, con unico foro nella parete del palmento superiore, per inserire il
manico che l'operatrice (generalmente la molitura era riservata alle donne)
faceva oscillare orizzontalmente di mezzo giro nei due sensi. La macina di
Thilameddu, invece, doveva essere di un modello differente: una macina manuale,
piccola (per usi domestici), con un palmento superiore provvisto forse di due
maniglie - che venivano impugnate contemporaneamente (come il volante di
un'auto) - che veniva fatto ruotare alternativamente di mezzo giro nei due
sensi, posizionandosi al di sopra (e non di fianco, come nella "macina del
legionario"). Ma si tratta solo di un'ipotesi, vista la frammentarietà del
reperto.
A breve distanza dal sito dell’insediamento, alla base di una
formazione rocciosa forse calcarea (lungo uno stretto filone che attraversa
tutta la zona, inserito fra le formazioni di gneiss), caratterizzata da profonde
spaccature e diaclasi, si rinvengono alcune sepolture ricavate all’interno
degli anfratti; fonti orali parlano del recupero indiscriminato di numerosi
resti umani, forse anche materiali archeologici, avvenuto negli anni passati. La
nostra ricognizione ha portato alla conferma circa la presenza di ossa umane,
mentre non sono stati rinvenuti elementi di corredo; il rituale troverebbe
riscontri in sepolture dell’Età del Bronzo, mentre ci sembra di poter
escludere l’ipotesi di deposizioni di epoca storica.
Torna alla pagina delle schede