Scheda n. 12 |
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Comune: Lodè |
Località: Sas Melas o Norchirì |
Foglio IGM: 482, I |
Foglio CTR: 482030 |
Catasto: Foglio 31, Mappale 28 |
Coordinate
Gauss-Boaga: Lat. 4492539,86; Long. 1544097,58 |
Quota: mt. 248 |
Unità Cartografica Geologica (Carmignani et al.
1997): 42 |
Unità Cartografica Pedologica (Aru et al. 1992): 4 |
Uso dei suoli, codice Corine (terzo livello): 243 |
Monumento: Nuraghe |
Denominazione: Sas Melas o Norchirì |
Tipologia: Monotorre semplice |
Cronologia: Età del Bronzo Recente-Finale |
Data della ricognizione: Settembre 2005. |
Compilatore: Paolo Melis |
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“Nuraghe
Sas Melas, poco lungi da Monte detto Fruncu Sas Patatas, al guado di Rio Minori.
E' il miglior nuraghe del Comune; ha ancora due piani; costruzione solida, porta
accessibile come il corridoio e la camera inferiore; rifugio di pastori; la
scala conduce al piano superiore, con celletta a cupola; finestre più larghe
che alte. Nella camera inferiore tavola in pietra. In terreno degli Eredi di
Luca Piras, fu Angelo”. Così, nel 1933, Antonio Taramelli descriveva
questo monumento; attualmente, la situazione è notevolmente mutata e purtroppo
l’edificio si presenta in uno stato di rovina ben più grave.
Il
Nuraghe Sas Melas, o Norchirì, tuttavia, è ancora il meglio conservato fra
quelli del territorio di Lodé. E’ costruito su una bassa altura al fondo
della valle solcata dal corso del Rio Minore, che il nuraghe controlla a breve
distanza, in prossimità di una stretta ansa del fiume ed in corrispondenza di
un guado, di cui parla ancora il Taramelli (mentre oggi il passaggio del fiume
è garantito da diversi piccoli ponti). A Sud-Ovest e a Sud la sua posizione è
dominata da alture oltre i 400 metri (Fruncu Sos Arcos, Cuccuru Latu, Janna
Bassa), mentre a Nord-Est si erge l’altura di Fruncu Inucragliu (mt. 551) alle
cui pendici sorge l’attuale abitato di Lodé e dove sicuramente esisteva
almeno un insediamento nuragico (Su Casteddu, scheda n. 7). L’ubicazione di
fondo valle (unitamente al fatto che, in pratica, esso rappresenti l’unico
nuraghe a tholos vero e proprio nel raggio di due chilometri) farebbe
pensare ad un insediamento di notevole importanza, pur essendo un edificio di
planimetria piuttosto elementare; tuttavia, non si può escludere che il crollo
delle strutture esterne possa celare una planimetria più complessa.
Il
nuraghe, attualmente, si presenta come un monotorre semplice, notevolmente
rovinato nel lato meridionale, dove si apriva l’ingresso, e nel retroprospetto
a Nord. Il Taramelli, nel 1933, parlava dell’esistenza di un piano superiore,
ancora integro ai suoi tempi; attualmente non ne rimane alcuna traccia mentre
sono ancora evidenti, seppure appena decifrabili, i resti della scala che
saliva, in senso orario, alle parti superiori della torre.
La
torre, costruita con pietre granodioritiche locali disposte in filari abbastanza
regolari, è di pianta circolare e presenta un diametro di m 12 circa;
all’esterno si conserva per un’altezza massima di m 4,85 su 20 filari di
pietre, nel lato Est, con un’inclinazione delle murature di 12° che tuttavia
non è costante per tutto il perimetro, riducendosi in alcuni punti (soprattutto
nel lato Nord) anche a meno di 5 gradi.
L’ingresso
è oramai scomparso, e non resta alcuna traccia neanche delle pietre di stipiti.
Introduceva in un corridoio lungo in origine almeno m 4,80, coperto con lastre
di piattabanda che residuano solo nell’ultimo tratto di m 1,70 circa, mentre
è a cielo aperto tutta la parte iniziale; quest’ultima è visibile soltanto
nel lato destro, dove residua unicamente un filare di pietre. A breve distanza
dalla posizione del probabile ingresso, giace riversa nel terreno una lastra
trapezoidale di m 1,35 x 0,95/0,50 x 0,50 di spessore: forse l’architrave
della porta originaria, o una lastra di copertura del tratto di corridoio
demolito.
A
circa m 2,50 dall’ingresso – una distanza piuttosto inusitata per i nuraghi
– alle pareti del corridoio si aprivano, affrontati nel consueto schema, i due
vani della nicchia d’andito e della scala. La nicchia, spesso impropriamente
definita “garetta di guardia” (per la sua posizione subito dopo l’ingresso
del nuraghe), si apre a destra: l’ingresso è scomparso, ma si può seguire in
pianta il profilo del vano, tendente al quadrangolare salvo la curvatura delle
pareti laterali a seguire l’andamento circolare della torre. La nicchia è
larga m 0,85 all’ingresso e si allarga al centro sino a m 1,00: larghezza che
si mantiene sostanzialmente costante salvo una leggero restringimento in
prossimità della parete di fondo; la profondità complessiva è di m 3,50,
mentre l’altezza massima all’interno, dove il vano è sgombro dalle macerie,
è di m 2,16. La copertura, da quel poco che rimane, parrebbe essere del tipo
ogivale, con parete di fondo che digrada progressivamente.
Affrontata
alla nicchia d’andito, a sinistra, si apriva la scala, oggi completamente
crollata ed ingombra di macerie. Da quel che resta, si può osservare il tipo di
copertura, che doveva essere aggettante a profilo angolare, come è abbastanza
consueto per i vani-scala dei nuraghi. Oltre al tratto iniziale, se ne può
scorgere un altro breve segmento sulla sommità della torre, nel lato Nord, in
corrispondenza di un altro importante settore di crollo delle murature esterne,
forse indebolite proprio dalla presenza del vano della scala.
In
corrispondenza dei due accessi, affrontati, della nicchia d’andito e della
scala, il corridoio incontrava l’ingresso all’ultimo segmento che
introduceva nella camera, realizzato con una certa cura; questo secondo una
tecnica “modulare”, molto comune negli edifici nuragici, che prevedeva in
pratica la costruzione di un nuraghe più interno, contenente la camera,
rifasciato dal paramento esterno destinato ad ospitare vano scala e nicchia
d’andito, nei quali la muratura esterna del “nuraghe interno” finiva per
costituire la spalliera laterale (rispettivamente destra e sinistra).
L’accesso a quest’ultimo tratto del corridoio si presenta come un normale
ingresso architravato (architrave ben lavorato, di m 1,87 x 0,45 x 0,90 spess.)
sormontato da finestrello di scarico, dando quindi l’erronea impressione di
trovarsi dinanzi all’ingresso vero e proprio del nuraghe.
Dopo
aver percorso l’ultima porzione dell’andito, di circa m 1,50 di lunghezza,
si accede alla camera a tholos, di pianta circolare irregolare, non molto
grande (diametro di circa m 3,50 al massimo). L’ingresso alla camera avviene
attraverso una porta trapezoidale (m 0,90 x 1,60 h.), architravata (architrave m
1,80 x 0,45 x 0,55 spess.) con finestrino di scarico (m 0,30 x 0,31). La
copertura è ancora integra e l’altezza del vano è di m 4,15 sull’attuale
piano di calpestio, su 16 filari di pietre che terminano in alto con una lastra
di chiusura della tholos di dimensioni piuttosto insolite;
l’interramento non dovrebbe essere superiore al metro di spessore, per cui si
può stimare un’altezza originaria della camera vicina o superiore ai 5 metri,
con un rapporto altezza/diametro intorno a 1,4: indice di una tholos dal
profilo moderatamente slanciato, di tecnica non certo ardita ma neanche troppo
arcaica.
Alle
pareti della camera, a destra e a sinistra, si aprono due nicchie piuttosto
ampie e profonde. La nicchia destra ha un ingresso trapezoidale (m 1,25 x 1,55
h.) sormontato da un poderoso architrave (m 1,52 x 0,35 x 0,65 spess.) con
finestrello di scarico (m 0,40 x 0,34). Il vano è di pianta semiellittica, con
parete di fondo rettilinea: la larghezza, dopo l’ingresso, cresce sino a m
2,00 al centro, per poi ridursi a m 1,30 al fondo; la copertura è a lastre
trasversali, digradanti verso il fondo, e l’altezza massima è di m 2,00 nella
parte centrale.
La
nicchia sinistra ha anch’essa un ingresso trapezoidale molto ampio (m 1,45
largh. x 1,65 h.), sormontato da un architrave di dimensioni più contenute (m
1,20 x 0,35 x 0,60 spess.) che però, a differenza di tutti gli altri, non è
provvisto di alcun finestrino di scarico. Il vano è di pianta trapezoidale, è
profondo m 2,20 circa e la larghezza cresce da m 1,45 all’ingresso sono a m
1,90 al fondo. La copertura è, anche in questo caso, a lastre trasversali
gradonate che digradano immediatamente dall’architrave di ingresso verso la
parete di fondo; in questa nicchia, il piano di calpestio si abbassa
dall’ingresso verso il fondo, con un dislivello massimo di m 0,60, forse a
causa di scavi clandestini: nel punto mediano, l’altezza del vano è di m
1,80.
Nella
parete Nord della camera, affrontato all’ingresso, notiamo l’accesso
sopraelevato ad un ulteriore vano sussidiario. L’ingresso, sollevato
dall’attuale piano di calpestio di m 0,90, doveva in origine essere
sopraelevato di circa 2 metri, e doveva quindi essere reso agibile da una scala
di legno o un piccolo soppalco. E’ di forma trapezoidale e di dimensioni
piuttosto anguste (m 0,64/0,43 x 1,20 h.), immette in un ambiente trapezoidale
che si incunea nello spessore murario per circa m 2,00 prima di interrompersi a
causa dei crolli. Nella parete destra, verso il fondo, una breccia fra i crolli
parrebbe lasciar ipotizzare la presenza di una prosecuzione del cunicolo con
andamento orario: forse una scaletta sussidiaria destinata a condurre ad una
celletta ricavata nello spessore murario, oggi non più rilevabile.
In
genere, come riscontrato in molti nuraghi, questo tipo di accesso secondario di
camera è finalizzato al collegamento con una celletta sussidiaria realizzata
nella parte frontale della torre, quasi sempre al di sopra dell’andito di
ingresso, su cui sovente incombeva con piombatoi (o canali acustici) e/o botole.
Non di rado, queste cellette erano provviste di finestrelle o feritoie in
facciata, che rendevano tali ambienti particolarmente luminosi e funzionali. Si
spiegherebbe, in questo modo, l’estrema rovina di tutta la parte di prospetto
del nuraghe Sas Melas, esattamente nel punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il
vano sussidiario in questione. Si spiegherebbe, anche, la scarna descrizione del
Taramelli, che parla di una “camera superiore” con “finestre più larghe
che alte”; sottolineiamo il plurale (“finestre”), considerando che la
camera superiore di un nuraghe generalmente ha un’unica finestra,
difficilmente “più larga che alta”: la descrizione si adatterebbe meglio ad
un piccolo vano sussidiario, dove le finestrelle (o feritoie) possono essere
addirittura quattro e sovente sono basse e larghe. Forse il Taramelli (o più
probabilmente il suo informatore) al nuraghe Sas Melas ha visto una di queste
cellette, scambiandola per la cella del primo piano. Si tratta comunque di
un’ipotesi che solo lo scavo del monumento potrà verificare.
E’
ipotizzabile la presenza di un piccolo agglomerato di capanne intorno al
nuraghe, sebbene non si scorga traccia di strutture; nella vigna prospiciente il
monumento, tuttavia, affiorano numerosi materiali ceramici, indizio di un
insediamento.
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