Scheda n. 11 |
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Comune: Lodè |
Località: Monte Prana |
Foglio IGM: 482, I |
Foglio CTR: 482030 |
Catasto: Foglio 28, Mappale 73 |
Coordinate
Gauss-Boaga: Lat. 4492672,07; Long. 1543183,80 |
Quota: mt. 340 |
Unità Cartografica Geologica (Carmignani et al.
1997): 42 |
Unità Cartografica Pedologica (Aru et al. 1992): 4 |
Uso dei suoli, codice Corine (terzo livello): 323 |
Monumento: Muraglia ciclopica |
Denominazione: Monte Prana |
Cronologia: Età del Rame (?) |
Data della ricognizione: Settembre 2005. |
Compilatore: Paolo
Melis |
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"Nuraghe
di Monte Prana, a q. 341 sulla vetta del Monte omonimo, in postura dominante la
valle di Rio Minori; rimane il cumulo delle rovine. In terreno di Curreli
Lorenzo". Il Taramelli, nel 1933, così definiva la struttura edificata
sul Monte Prana, con tecnica ciclopica a filari di pietre, ed è presumibile che
lo studioso non abbia visto il monumento ma si sia avvalso della testimonianza
di un informatore locale. Taramelli, infatti, non avrebbe avuto esitazione nel
definire la struttura non come “nuraghe” ma come “muraglia”, oppure
(termine a lui caro) “acropoli”, poiché di questo in realtà si tratta.
La
muraglia di Monte Prana è una fortificazione ciclopica che recinge parzialmente
un breve pianoro in cima ad
un’alta collina, integrando le difese naturali
offerte da alcuni contrafforti rocciosi; dalla sua posizione poteva dominare
tutta la valle del Rio Minore e parte di quella del Rio Mannu, con gli
insediamenti sia prenuragici (Sos Lottos) che nuragici (ancora Sos Lottos e
nuraghe Sas Melas). Nel pianoro doveva sorgere un abitato, oggi non
individuabile a causa della fitta vegetazione; è invece ancora presente una
tomba megalitica, del tipo ad “allèe couverte”, sicuramente in
relazione con la muraglia.
La muraglia, costruita sul versante settentrionale della cima, si può
seguire per un tratto di circa m 17, con andamento da Sud-Ovest a Nord-Est, sino
ad un affioramento di roccia, oltre il quale si dipartiva un altro tratto di
muraglia, di circa 20 metri, orientato da Nord-Ovest a Sud-Est, che attualmente
è ridotto ad un misero cumulo di macerie.
Il
tratto ancora integro, ad andamento più o meno rettilineo sebbene irregolare,
è realizzato a filari di pietre granitiche piatte, di dimensioni variabili (da
m 1,60 a poche decine di centimetri), disposte a filari più o meno regolari,
anche se in alcuni punti la tecnica appare sommaria soprattutto a causa
dell’inserzione di pietre poligonali. In diversi punti del paramento murario,
inoltre, non viene rispettata l’alternanza delle pietre nei vari filari
sovrapposti (la cosiddetta tecnica delle “pietre a sorella”) ma i blocchi si
giustappongono l’uno sull’altro richiamando il tipo di tecnica che
caratterizza le muraglie calcolitiche ed i protonuraghi più arcaici.
La
muraglia è alta, nel punto maggiormente conservato, circa 3 metri, su 8 filari
di pietre, e le murature non presentano un’inclinazione (o “scarpa”)
particolarmente accentuata. A causa del riempimento, non è dato sapere quale
fosse lo spessore della muraglia e quale fosse il tipo di tecnica della
struttura interna: se cioè si trattasse di un muro “a sacco”, con paramenti
interno ed esterno ed intercapedine di pietre più piccole, oppure un normale
muro a paramenti accostati.
Pur
in assenza di elementi di cronologia sicura, riteniamo di poter attribuire il
complesso all’Età del Rame, non soltanto per le considerazione di carattere
architettonico sin qui fatte, ma anche e soprattutto per le caratteristiche
insediamentali e per la vicina presenza dell’allèe couverte.
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